Italicum, sentenza della Consulta: bocciati capilista bloccati e ballottaggio, sì al premio di maggioranza

Matteo Renzi

La Corte Costituzionale ha emesso la sentenza sull’Italicum, la legge elettorale proposta dal Governo Renzi: la Consulta boccia il ballottaggio e i capilista bloccati (ma non le candidature multiple) ma resta premio di maggioranza per chi supera il 40%. Ciò significa che la sentenza trasforma l’impianto dell’Italicum da maggioritario a proporzionale con premio di maggioranza. “All’esito della sentenza, la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione“, si legge nella nota emessa dalla Corte. Ciò significa che, da oggi, la legge è utilizzabile con poche modifiche che devono passare dal Parlamento. I giudici bocciano così due dei tre punti chiave, smantellando l’impianto generale della legge voluta dalla maggioranza di governo. Ora inizia l’attesa per la pubblicazione delle motivazioni che hanno portato alla sentenza: la Corte ha specificato che saranno rese note entro un mese.

Per i partiti inizia una fase decisiva: la legge uscita dalla Corte Costituzionale è infatti utilizzabile a breve termine, piaccia o no alle formazioni politiche. Il tam tam delle dichiarazioni è già partito, fra chi si divide per il voto subito, chi vorrebbe prima un passaggio parlamentare per apportare modifiche alla legge elettorale e chi sotto sotto spera di tirarla per le lunghe con il malcelato intento di arrivare a settembre 2017, data in cui i parlamentari matureranno il diritto al vitalizio.

I giudici della Corte Costituzionale hanno deciso sui ricorsi presentati da cinque tribunali sulla costituzionalità della legge elettorale. La sentenza era attesa per il 24 gennaio, poi slittata al giorno successivo. Qui le novità introdotte dall’Italicum, entrato in vigore l’1 luglio 2016.

Il testo della nota della Consulta

Secondo quanto riferisce la nota della Consulta, sono state respinte le eccezioni di inammissibilità proposte dall’Avvocatura generale dello Stato. La Corte ha inoltre ritenuto “inammissibile la richiesta delle parti di sollevare di fronte a se stessa la questione sulla costituzionalità del procedimento di formazione della legge elettorale, ed è quindi
passata all’esame delle singole questioni sollevate dai giudici”.

Nel merito, “ha rigettato la questione di costituzionalità relativa alla previsione del premio di maggioranza al primo turno e ha invece accolto le questioni relative al turno di ballottaggio, dichiarando l’illegittimità costituzionale delle disposizioni che lo prevedono”. Salta così il passaggio del doppio turno, come avviene per esempio nelle elezioni dei sindaci.

Inoltre, “ha accolto la questione relativa alla disposizione che consentiva al capolista eletto in più collegi di scegliere a sua discrezione il proprio collegio d’elezione. A seguito di questa dichiarazione di incostituzionalità, sopravvive comunque, allo stato, il criterio residuale del sorteggio”. Infine, ha dichiarato “inammissibili o non fondate tutte le altre questioni”. La decisione della Consulta boccia quindi i capilista bloccati: pur mantenendo la candidatura in più collegi, in caso di elezione, sarà sorteggiato il collegio di appartenenza.

Le prime reazioni

Una delle prime voci a commento della sentenza della Consulta sull’Italicum è quella di Pier Luigi Bersani, a capo della minoranza PD più ostica al progetto della legge elettorale voluta dal governo Renzi. “Che la sentenza della Consulta tocchi tanto o poco l’impianto comunque il Parlamento si deve esprimere”, ha dichiarato ai cronisti. “Abbiamo avuto una legge votata con la fiducia, ora c’è la Consulta… E il Parlamento che fa? Una valutazione dovrà farla o no? Altrimenti andiamo tutti a casa”.

Più duro il giudizio di Arturo Scotto di Sinistra Italiana. “Dopo la riforma bocciata da 20 milioni di italiani a Referendum, Consulta boccia gran parte Italicum. Cosa resta dei 1000 giorni di Renzi?”, si legge su Twitter.

A festeggiare sono soprattutto gli esponenti che hanno chiesto il ritorno alle urne fin dal 5 dicembre, ossia dopo le dimissioni di Renzi a seguito della vittoria del no al referendum. “Ora che abbiamo anche una legge elettorale non ci sono più scuse: sabato 28 gennaio tutti in piazza a Roma per chiedere elezioni subito”, twitta la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.

Stessa richiesta arriva da Matteo Salvini che anzi va oltre e propone il 23 aprile come giorno per le prossime elezioni, ma anche il PD è a favore di elezioni anticipate, almeno secondo quanto dichiarato da Ettore Rosato, capogruppo dem alla Camera.

Anche il M5S è pronto ad andare alle urne, almeno sulla carta. “La Corte costituzionale ha tolto il ballottaggio, ma ha lasciato il premio di maggioranza alla lista al 40%. Questo è il nostro obbiettivo per poter governare”, scrive Beppe Grillo sul blog. “Per il MoVimento 5 Stelle: #Obbiettivo40PerCento e al governo!”, si legge nel post, confermando così la scelta di non allearsi con alcun partito.

I tre punti principali

La Consulta ha deciso su tre punti principali (anche se i nodi da sciogliere nel complesso sono nove): il premio di maggioranza, il divieto di alleanza tra partiti al ballottaggio e le candidature plurime, ovvero la possibilità di presentarsi in più collegi.

Il primo punto è il premio di maggioranza destinato al partito che supera il 40% al primo turno o che vince al ballottaggio. Secondo i giudici che hanno presentato ricorso si tratta di un premio incostituzionale in quanto viene a mancare “una base minima per accedere al secondo turno”, una “soglia critica di consensi” senza di cui “il premio non garantisce l’effettiva valenza rappresentativa del corpo elettorale”.

L’altro punto è il divieto di apparentamento tra partiti all’eventuale ballottaggio: ovvero non si possono alleare. Ricordiamo che l’Italicum introduce il doppio turno: vince la coalizione o la lista singola che al primo turno supera il 40% delle preferenze. Se nessuno supera questa soglia, le due liste o coalizioni che hanno ottenuto il maggior numero di voti, vanno al ballottaggio. Il divieto di alleanza, sostiene l’ordinanza piemontese, “risulta irrazionale”.

Il terzo punto è quello relativo alle candidature plurime, ovvero la possibilità di presentarsi in più collegi. La Consulta sarebbe orientata a ripristinare “un criterio minimo nella scelta del collegio di elezione”, per stabilire “come collegio di adozione quello in cui il candidato ha ricevuto più voti”.

Tutti i nodi da sciogliere

Riassumiamo i temi su cui si è pronunciata la Consulta.

– L’Italicum prevede che le liste dei candidati siano presentate in 20 circoscrizioni elettorali, suddivise a loro volta in 100 collegi plurinominali (a parte quelli uninominali nelle circoscrizioni Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste e Trentino Alto Adige/Sudtirol) che seguono normative particolari.

– I seggi sono attribuiti con il metodo dei quozienti interi e dei più alti resti su base nazionale.

– Il premio di maggioranza per chi conquista almeno il 40 per cento dei voti al primo turno, o la vittoria al ballottaggio, consiste in 340 seggi. Escluse alleanze tra liste o partiti tra i due turni.

– La soglia di sbarramento alla Camera, per ottenere seggi, è del 3 per cento.

– Per quanto riguarda il blocco misto alle liste e le candidature, l’Italicum prevede la composizione delle liste con un candidato capolista bloccato e gli altri scelti con la preferenza

– La Consulta si deve esprimere sulla soglia di sbarramento al Senato, prevista non dall’Italicum ma dal Testo unico per l’elezione del Senato dopo la bocciatura del Porcellum (la legge Calderoli). Ricordiamo che il Senato è stato “resuscitato” dalla bocciatura della riforma costituzionale Renzi-Boschi che lo avrebbe reso ineleggibile.

– Tra le norme impugnate davanti alla Corte Costituzionale, quella secondo cui le nuove disposizioni per le elezioni della Camera entrerebbero in vigore da luglio 2016.

– L’Italicum consente al candidato capolista, eletto in più collegi plurinominali, di optare in base a una sua valutazione personale e non in base a criteri oggettivi e predeterminati.

– Nel solo Trentino Alto Adige possono essere assegnati tre seggi di recupero proporzionale a una lista non apparentata con alcuna lista nazionale o espressione della minoranza linguistica vincitrice nella regione.

Impostazioni privacy