Dirigenti e manager pubblici, Renzi pronto a tagliare gli stipendi

Lo stipendio dei manager pubblici verrà tagliato e, comunque, da oggi in poi non potrà superare una certa cifra annuale. L’approvazione del DEF 2014 ha messo le cose in chiaro una volta per tutte: il governo Renzi metterà (e forse è la prima volta in assoluto che succede) sotto torchio dirigenti e manager delle aziende pubbliche, che finora si sono dimostrati un pozzo senza fondo. Si tratta non solo di una questione etica, in un periodo in cui l’Italia fatica a uscire dalla crisi economica, ma anche e soprattutto di un problema pratico. Ovvero, il governo ha bisogno di soldi per finanziare le sue riforme a favore dei lavoratori e delle imprese. Tagliare gli stipendi dei manager serve a fare cassa.

Pur con tutti i suoi limiti (sono esclusi dal provvedimento i manager delle aziende statali quotate in Borsa), la mossa di Matteo Renzi ha comunque una valenza simbolica importante. Perché dice ai cittadini che il taglio del cuneo fiscale verrà finanziato attraverso i tagli alla spesa pubblica e non, come pure qualcuno pensava, con nuove tasse dirette o indirette. La Spending review diventa la chiave di volta per capire quanto promesso nel Documento di economia e finanza 2014, approvato qualche giorno fa dal consiglio dei ministri. Tenere sotto controllo la spesa della Pubblica Amministrazione, tagliando gli sprechi e limitando gli eccessi, consentirà alle casse dello Stato di respirare e al governo di raccogliere 4,2 miliardi, da riversare nelle riforme economiche. E’ evidente che una cifra del genere non si può ottenere stabilendo misure estemporanee; è necessario programmare misure strutturali che non esauriscano i loro effetti nel 2014. Anche perché nel 2015 si dovrà parlare di Jobs Act e di taglio dell’Irap per le imprese.

La priorità di questi primi mesi di governo Renzi, però, è stata quella di dare un segno tangibile ai lavoratori, stabilendo un primo taglio al cuneo fiscale, che porterà i famosi 80 euro in più in busta paga per chi guadagna fino a 1.500 euro al mese. Misura cui potrebbe aggiungersi anche un bonus per chi si trova al di sotto della soglia di pagamento delle tasse: chi guadagna meno di 8mila euro l’anno potrebbe ritrovarsi in tasca una cifra tra 40 e 50 euro, secondo le ultime indiscrezioni. A pagare tutto questo ci penserà proprio il tetto ai compensi dei manager e il taglio degli stipendi dei dirigenti delle aziende pubbliche, Rai compresa. Per tutti loro ci saranno quattro tetti: per i top manager 239 mila euro lordi l’anno, la stessa cifra del presidente della Repubblica; per i capi dipartimento 190 mila euro; per i dirigenti di prima fascia 120 mila euro; per i dirigenti di seconda fascia 80 mila euro.

La misura non sarà applicata anche al settore privato, come pure qualcuno aveva proposto, e il motivo è tutto nei rilievi di incostituzionalità effettuati dalla Corte di Cassazione al tempo del contributo di solidarietà. In compenso il tetto agli stipendi potrebbe essere esteso ad alcune categorie del pubblico impiego che però fanno parte di comparti separati, come magistrati, prefetti e ambasciatori, i cui compensi potrebbero subire un taglio della busta paga in percentuale (l’ipotesi è del 12%). Il gioco delle tre carte per trovare le coperture, una volta tanto, colpisce anche i più ricchi e favorisce i meno abbienti. Questa, a modo suo, è già una piccola rivoluzione politica.

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